11 mar 2014

palombari ciclisti pedalano nel western desert

 Il deserto per noi figli di una shamandura è luogo ideale di scorribande ma anche fisiologico hideaway dove assetti agghiaccianti, turisti pericolosamente fuori posto e il tunzi-tunzi del Pacha faticano a raggiungerci. 
Nel deserto ci siamo riuniti, stavolta decisi ad attraversarne un pezzetto in sella alle mountain bike. 
Chi in forma, chi fuori forma (come me, per esempio) ognuno è deciso a fare il pieno di quell'energia antica e misteriosa che solo il deserto sa custodire.


Inseguiti dai chili di troppo e da una banda di fameliche Toyota, abbiamo affrontato uno dei luoghi più magici del pianeta: il Western Desert.





Ce n'erano - eccome se ce n'erano - di più bravi e in forma di noi, noi che sbuffavamo in sella a pesanti cancelli su misere ruote da 26". Mentre gli altri volavano sulla sabbia, noi affondavamo ansimando, o procedevamo a piedi.








Difficile non cedere alla comoda ombra delle Toyota che ci tallonano minacciose e a passo di lumaca. Il mio.


Essere gli ultimi significa sbuffare nella calura e seguire le tracce degli altri. Non è difficile capire quali sono quelle del nostro gruppo: in giro in bicicletta nel Western Desert non c'è mai andato nessuno prima di noi.
Poi, però, le impronte sottili svaniscono. Anche le Toyota sono sparite.
Ci accorgiamo di esserci persi nel deserto, e subito il terrore si dipinge sui nostri volti:


Il silenizo è totale.
Il deserto, come l'immersione, ci estranea dal chiacchiericcio quotidiano, curando quella sottile vertigine che noi palombari avvertiamo quando ci portano all'IKEA. Allora il silenzio assordante risveglia la nostra segreta e inesplorata, vena profetica. Si configura il rischio di 'trasfigurazione mistica'.

la solitudine del palombaro fotografo tra le biciclette dormienti 

Niente paura. Da oltre 5000 anni proprio questi luoghi offrono, contro i rapimenti in cielo alieni e divini, la più solida delle ancore di salvezza.
La birra.


STELLA 
da consumarsi preferibilmente nelle oasi


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